slide-header
Alcuni anni fa alle terme di Agnano (e non è cambiato granché…)

Concitata e rossa in viso, la signora salì sul pullman e investì il conducente di epiteti e parolacce, rinfacciandogli di non essersi fermato per farla salire e di averla costretta a corrergli dietro.

“E’ il regolamentò - si giustificò l’autista - non posso fermare fuori fermata!”

“Il regolamento… t’’o ficche ’a chillu posto!” rispose acida la “signora”.

“Le regole a Napoli - masticò amaro Ermanno, rivolto al signore, che gli sedeva accanto - sono un optional: valgono solo per i “fessi”; e a Napoli, si sa, nisciuno è fesso. La neutralità della legge, la legge uguale per tutti, è un’astrazione, una cosa per alieni, indigesta ai più”

“Lo sport più diffuso - gli fece eco l’altro - è infrangerla la legge, altro che rispettarla! E’ come prendersi uno sfizio: ci si ingegna per raggirarla, per procurarsi un santo, celeste o terreno che sia; l’importante è che ti sia concesso ciò che agli altri è negato. E, se non trovi il santo, un modo truffaldino per ottenerlo, usi la forza, la prepotenza…”

“Capolinea, signori!” tuonò la voce dell’autista.

“Qui essere Terme?” chiese una giovane turista.

“Sì, siamo alle Terme di Agnano… Vede? C’è anche il laghetto delle tartarughe marine!”

“Nonostante tutto, disse Ermanno, l’autista non ha perso il buon umore”

“E’ il limite e il pregio di noi napoletani” rispose il suo interlocutore, salutandolo.

Ermanno scese, andò all’accettazione, pagò il ticket e si diresse al reparto. Qui si registrò e chiese quanto avrebbe dovuto aspettare per il suo turno.

“Cinque o sei persone. Un’oretta, minuto più minuto meno” gli rispose l’addetto.

Ermanno pensò che aveva tutto il tempo per godersi un po’ di quel bel sole primaverile all’aperto nei giardini e andò a sedersi su una delle tante panchine, allocate intorno al laghetto. Si era appena immerso nella lettura del quotidiano, che gli si avvicinò un vecchietto e gli si sedette accanto. Il vecchietto chiese se desse fastidio il fumo della sigaretta; rassicurato, tra una boccata e l’altra, cominciò a snocciolare tutta una serie di domande, alle cui risposte però non sembrava granché interessato. Aveva una gran voglia di parlare ed Ermanno lo lasciò fare.

Disse che aveva 85 anni, che la moglie gli era morta da circa tre e che alla sua età guidava ancora l’auto. Lamentò che un padre era buono per cento figli, ma non cento figli per il proprio padre. Raccontò che, diciottenne, era partito volontario in Spagna per combattere a fianco di Franco e che tornato in patria era stato immediatamente richiamato alle armi in seguito alla dichiarazione della seconda guerra mondiale.  Annotò che con Mussolini non c’era la delinquenza di adesso, anche se i “comunisti” cercavano di “sminuire” la cosa, sottolineando che allora c’era tanta povertà e di conseguenza niente da rubare. Stigmatizzò che nella Napoli di oggi c’era troppa delinquenza e tanta spazzatura dappertutto e che  Bassolino non faceva niente, ma nessuno lo avrebbe smosso, perché si era “fatto” i suoi feudi. Ricordò che in gioventù era stato vigile sanitario, ma anche autista, prima al Cotugno e poi nella N. U. Si vantò di essere stato lo “chauffeur” personale del  “comandante”, l’ex sindaco di Napoli Achille Lauro. Disse che, quando era andato in pensione, aveva ricevuto due medaglie d’oro: una dall’amministrazione comunale e una dall’assicurazione, perché in tanti anni di lavoro non aveva mai fatto “incidenti” con le auto o i camion che guidava.

Ermanno guardò l’orologio, era ora di tornare al reparto. Si alzò e fece per andar via.

Il vecchietto gli chiese ancora qualche minuto, voleva raccontargli un’ultima cosa. 

Era andato, disse, a far visita a una figlia, che risiedeva in un comune tra Napoli e Roma, a circa 150 chilometri dalla città. Al ritorno si era fermato in un bar lungo la strada e, nel riprendere il viaggio, aveva dimenticato di rimettersi la cintura. Fermato da una pattuglia dei carabinieri, nel declinare le proprie generalità, aveva confidato ai militari di essere il suocero di un maresciallo dell’arma e, per documentare la veridicità di quanto stava dicendo, aveva mostrato la foto in divisa di suo genero. Quelli, riconosciuto nel sottufficiale un loro caro amico, avevano lasciato il tono professionale, assumendone uno più solidale. Il vecchietto, incoraggiato, aveva mostrato una ulteriore foto, di uno dei suoi figli, anch’egli militare. Al che i carabinieri gli avevano fatto festa e lo avevano lasciato andar via. 

Ermanno stava per chiedergli se non trovasse ciò alquanto disdicevole, quei militari erano contravvenuti alla legge, evitandogli la multa. C’era poco di cui andar fieri!  Lo guardò e realizzò che non avrebbe mai capito. Era chiaro che il vecchietto si aspettava, e in buona fede, che lui gli mostrasse “apprezzamento”, perché quel “favore”, nel suo mondo valoriale, gli era dovuto: significava “rispetto”, prova di “amicizia” e tante altre cose positive.

“Che c’è… vi sentite male?” chiese il vecchietto, cogliendone l’espressione pensierosa.

“No, no, solo un po’ di stanchezza…”

“Mi avete fatto spaventare!”

“E’ già passato…” disse Ermanno e, sorridendogli, lo salutò.