Sulle origini del virus sappiamo ben poco, ma una cosa è chiara: DELLA CINA NON CI POSSIAMO FIDARE. (Andrea Crisanti)
Quella sulle origini del Sars-Cov-2 prodotto, forse, nel laboratorio di Wuhan e delle responsabilità che avrebbe la Cina nella sua diffusione rischia di diventare una storia infinita che ogni tanto si arricchisce di nuovi colpi di scena. Gli ultimi due in ordine di tempo sono la scoperta di un video, girato a maggio del 2017, nel quale si evidenzia la presenza di pipistrelli vivi nel laboratorio. A questa testimonianza si è aggiunta di recente la scoperta di un ricercatore americano, JESSE BLOOM, secondo cui 200 campioni di virus dei primi contagiati di Wuhan, pubblicati a suo tempo da ricercatori cinesi su una banca dati americana, sarebbero poi stati rimossi, su richiesta di uno scienziato del “celeste impero”, qualche mese dopo allo scopo, si suppone, di oscurarne l’esistenza. Bloom, attraverso lunghe e pazienti ricerche online, sarebbe riuscito a recuperare alcuni dei file cancellati ricostruendo così le sequenze parziali di 13 campioni di coronavirus raccolti tra gennaio e febbraio 2020. La scoperta dei frammenti di sequenze cancellati non inchioda certo Pechino a precise responsabilità nell’insorgenza della pandemia, ma quantomeno lascia intravedere uno strumentale deficit di trasparenza e la “strana” reticenza del gigante asiatico nell’informare l’umanità su quello che stava accadendo in una delle sue province. Non si tratta – sia chiaro – di un’ammissione di colpevolezza vera e propria. Troppe sono ancora le zone d’ombra e troppi sono ancora i dati che ci mancano per chiarire i punti oscuri di questa incredibile e drammatica vicenda, ma le ultime due “rivelazioni” sono quanto basta per rendere plausibile (almeno lo speriamo) un disagio di coscienza dovuto alle omissioni colpose ascrivibili a quello che succedeva nel chiuso del laboratorio di Wuhan. E’ apparso infatti subito chiaro che gli scienziati di quel grande Paese, forse “consigliati” da esponenti politici del PCC, hanno taciuto al resto del mondo la pericolosità del virus che stava cominciando la sua nefasta opera diffusiva, né hanno rivelato – particolare importantissimo – che gli asintomatici potessero essere letale veicolo di diffusione. Informazioni che avrebbero potuto cambiare il modo in cui è stato combattuto il Covid a livello globale.
In attesa che si faccia nuova luce, se mai accadrà, su quello che avvenne realmente nell’epicentro del contagio, sorge spontanea una riflessione che getta un’ombra sinistra, forse ipotetica ma non per questo meno inquietante, sulla classe politica cinese. E la riflessione riguarda l’esistenza di laboratori che manipolano virus altamente pericolosi. Laboratori che invece di rispondere ai ministeri della Sanità fanno probabilmente capo a quelli della Difesa o degli Interni. Riflessione che ne richiama un’altra, anch’essa carica di potenziali, gravissime, minacce per l’umanità. Se mai si arrivasse alla prova provata, alla cosiddetta “pistola fumante”, che il virus, sebbene in modo non intenzionale (questo almeno concediamolo ai cinesi) sia uscito dal laboratorio di virologia della dottoressa SHI ZHENGLI, soprannominata Bat Woman per aver raccolto oltre 15mila campioni di virus da pipistrelli, potranno mai i Paesi che hanno subìto milioni di morti e incalcolabili danni economici essere risarciti delle loro sofferenze? E’ possibile, o completamente utopistico, pensare ad uno scenario futuristico nel quale la seconda potenza economica (a breve diventerà la prima) del pianeta si sveni per pagare i danni provocati?
Solo la minaccia di una guerra mondiale in cui la Cina si trovasse tutti contro potrebbe, forse, costringerla. Ma parliamo, per fortuna, di uno scenario non solo futuribile, ma anche fantascientifico.
